Inquilino moroso? No tasse per il proprietario
By : Studio Franco Nada -
L’inquilino non paga? Con l’intimazione di sfratto puoi non dichiarare i canoni non riscossi, e non pagare le tasse per morosità accertata.
Più facile non dichiarare il reddito di fabbricati per i canoni non riscossi, ma ancora nessuna agevolazione per gli affitti di fabbricati non abitativi.
L’articolo 3-quinquies del decreto legge 34/19, convertito nella legge 58/19, dispone che per i contratti stipulati a decorrere dal 2020 i canoni di locazione non percepiti relativi a immobili abitativi possono non essere dichiarati se la mancata percezione è provata dall’intimazione di sfratto per morosità o dall’ingiunzione di pagamento.
La norma attuale dispone che è necessario attendere il provvedimento di convalida dello sfratto.
L’articolo 26 del Tuir prevede che il reddito dei fabbricati vada dichiarato indipendentemente dalla percezione.
Per i contratti di locazione dei fabbricati la base imponibile è rappresentata dai canoni risultanti nel contratto ridotti del 5% (25% per Venezia e isole e 35% per quelli di interesse storico ed artistico). Quindi il dato letterale fa riferimento ai canoni risultanti in contratto. Ma è frequente l’ipotesi in cui l’inquilino non rispetti il contratto e non paghi i canoni. Questa fattispecie è regolata dal citato articolo 26 del Tuir in base al quale i redditi derivanti dai contratti di locazione di immobili ad uso abitativo non concorrono a formare la base imponibile dal momento di conclusione del procedimento giurisdizionale di convalida; in sostanza occorre l’intervento del giudice.
Ottenuto il provvedimento, certamente in un momento successivo all’inizio della morosità dell’inquilino, i canoni contrattuali non riscossi sono esenti da Irpef ma probabilmente in parte già tassati; ad esempio se in presenza di canoni non riscossi nel 2018 , il giudice convalida lo sfratto in settembre 2019, il proprietario ha già pagato l’Irpef sui predetti canoni. La norma prevede che il proprietario usufruisca di un credito di imposta pari all’Irpef assolta (con l’aliquota marginale).
Il decreto Crescita semplifica la procedura e dispone che è sufficiente l’intimazione di sfratto o l’ingiunzione di pagamento; sono azioni che può compiere direttamente il proprietario senza la procedura di convalida che invece non dipende da lui.
La nuova norma prevede anche l’ipotesi che successivamente l’inquilino paghi i canoni ed in questo caso il proprietario deve assolvere l’Irpef con la procedura della tassazione separata (aliquota Irpef calcolata sulla media del reddito complessivo netto del biennio precedente all’anno di riscossione degli affitti arretrati).
La norma prevede che per i canoni non percepiti nei periodi d’imposta precedenti al 2020, accertati nell’ambito di un procedimento di sfratto e già assoggettati a tassazione, è confermata l’attribuzione di un credito d’imposta pari all’imposta pagata.
Per gli affitti di fabbricati non abitativi (negozi, opifici, ecc…)? La norma continua a non considerarli. Ma in sede di stipula del contratto i proprietari dovrebbero prevedere la clausola risolutiva espressa ai sensi dell’articolo 1456 del Codice civile (vedi anche Corte di cassazione 19602/2013).
In questo modo il proprietario può far valere la risoluzione e quindi l’inesistenza del contratto per effetto del mancato pagamento del canone e quindi cessa l’obbligo della dichiarazione del reddito.
FONTE: ilsole24ore.com